Disturbo Ossessivo-Compulsivo

Disturbo Ossessivo-Compulsivo

Cos’è il disturbo ossessivo-compulsivo

Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è uno dei disturbi d’ansia più frequenti ed è generalmente caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni. In alcuni casi, si possono presentare ossessioni senza compulsioni e viceversa.

Le ossessioni sono pensieri, immagini mentali o impulsi che si manifestano ripetutamente nella mente di una persona, percepiti come sgradevoli ed intrusivi.

Le persone soffrono perché questi fenomeni sfuggono al loro controllo, provocano emozioni negative (es. paura, disgusto, senso di colpa, ecc.), che inducono a mettere in atto comportamenti ripetitivi o azioni mentali per ridurre lo stato di disagio (compulsioni).

Le ossessioni sono spesso di natura bizzarra e chi ne soffre è solitamente consapevole della loro infondatezza o esagerazione; altre volte invece si può essere così ansiosi da non rendersi neanche conto che si tratta di pensieri che generano preoccupazioni irrazionali o quantomeno eccessive. In alcune situazioni il disagio provato è descritto semplicemente come una sgradevole “sensazione che c’è qualcosa che non va”,

Il disturbo ossessivo-compulsivo colpisce senza distinzioni di età e sesso dal 2% al 3% della popolazione, in modo acuto, con sintomi evidenti ed improvvisi o più frequentemente in modo subdolo e graduale. Si può supporre che in Italia soffrano di questa patologia circa 800.000 persone.

Come si manifesta il disturbo ossessivo compulsivo

Le ossessioni e le compulsioni possono essere di natura molto varia, ma si è tentato di identificare delle sotto-categorie:

  • disturbo ossessivo-compulsivo da contaminazione: è un’insistente preoccupazione di contatti fisici con sostanze (secrezioni del corpo, sporcizia, sostanze chimiche, siringhe, carne cruda, saponi, solventi, detersivi, ecc.) o di natura sociale (il tossicodipendente, l’anziano o il barbone) o metafisica (il male, il diavolo, le negatività). La persona si sente costretta ad evitare luoghi, persone, problemi: bagni e giardini pubblici, cassonetti, sale pubbliche, ospedali, spettacoli, ecc.. Quando ne entra in contatto (o pensa di esserne entrato in contatto) mette in atto una serie di rituali (lavaggio, pulizia e sterilizzazione). Tali rituali (compulsioni) possono durare pochi minuti o arrivare ad occupare molte ore all’interno della giornata.
  • disturbo ossessivo-compulsivo da controllo: dubbio di aver fatto (colpa da responsabilità) o non fatto (colpa da omissione) qualcosa che può aver danneggiato se stesso, i propri oggetti o qualcun’altro o che potrebbe farlo. Le compulsioni cercano di neutralizzare la paura di sentirsi in colpa. Ne nascono così ripetuti controlli ad esempio per il rubinetto del gas, le porte, i fornelli, la luce, ecc., con ripetute richieste di rassicurazione ai familiari.
  • disturbo ossessivo-compulsivo di tipo superstizioso: chi ne soffre pensa che vedere alcune cose (carri funebri, cimiteri), sentire determinati suoni (la sirena dell’autoambulanza) o certe parole (morte, diavolo, satana, ecc.), possa portare qualcosa di catastrofico e li costringe a rituali che neutralizzino le negatività associate.
  • disturbo ossessivo-compulsivo da ordine e simmetria: difficoltà a tollerare che gli oggetti siano posti in modo disordinato o asimmetrico, perché questo rimanda la sensazione che “qualcosa non va”. Chi soffre di questo disturbo può passare ore a riordinare (es. secondo la grandezza o il colore) penne, libri, cd, abiti, la posizione dell’orologio o la pettinatura dei capelli.
  • disturbo ossessivo-compulsivo da accumulo/accaparramento: si tratta dell’impulso ad accumulare oggetti insignificanti (giornali vecchi, bottiglie vuote, confezioni, pacchetti di sigarette, ecc.), a raccogliere lattine vuote per strada o dai bidoni della spazzatura e sacrificare a volte lo spazio di vita dei familiari.
  • ossessioni pure: ci sono persone che presentano ossessioni senza compulsioni, spaventate da pensieri o spesso immagini in cui la persona attua comportamenti indesiderati, privi di senso, sconvenienti o pericolosi, a contenuto aggressivo, religioso, sociale o sessuale, ad esempio:
    – timore di fare del male a se stesso o agli altri (es. paura di usare coltello, forchetta, oggetti appuntiti, di passare vicino alle finestre, di avvelenare il cibo di altre persone, di fare del male ai dei bambini piccoli o di ferire i sentimenti degli altri);
    – paura di immagini violente o terrificanti (es. visioni di omicidio, corpi fatti a pezzi);
    – timore di pronunciare frasi oscene o insulti, bestemmiare, compiere atti sacrileghi o fare cose imbarazzanti e la paura di essere responsabile di eventi terribili come incendi o furti;
    – dubbio o il terrore di poter essere perversi, pedofili o omosessuali.

Come capire se si soffre di disturbo ossessivo-compulsivo

Di solito si usa il termine ossessione per indicare un pensiero che si presenta con una certa insistenza nella nostra mente: c’è però una differenza tra il significato colloquiale del termine e quello clinico. È assolutamente normale infatti avere pensieri che ci tormentano, normali preoccupazioni legate a problemi reali della vita quotidiana.

La ricerca scientifica ha dimostrato che pensieri intrusivi, indesiderati, irrazionali, assurdi o sproporzionati rispetto alla realtà passano nella testa di ogni persona. Può capitare a tutti di provare il timore di perdere il controllo della macchina o la paura di non aver chiuso bene la porta di casa.

Le differenze tra i normali pensieri intrusivi e le ossessioni patologiche sono di ordine quantitativo e ricorsivo, non di contenuto. Le ossessioni patologiche infatti presentano una maggior frequenza, creano reazioni emozionali più intense e maggiore disagio, sono più difficilmente gestibili e durano per tempi più lunghi.

Tra le varie ossessioni possiamo trovare anche la paura di avere contratto una malattia, timore che caratterizza anche l’ ipocondria; nel DOC questo pensiero è legato all’idea di contaminazione, nell’ipocondria l’idea è di avere già una malattia.

Il DOC, infine, potrebbe essere confuso con il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità, patologia con nome simile e qualche aspetto in comune, come una certa rigidità morale ed un eccessivo senso di responsabilità. Ma il disturbo di personalità è caratterizzato da tratti caratteriali precisi e le persone non presentano pensieri intrusivi, né compulsioni.

In alcuni casi possono essere presenti entrambi i disturbi; altre volte invece il DOC può essere associato ad altri disturbi di personalità.

Cause del disturbo ossessivo compulsivo

Sfortunatamente gli studi scientifici non vi hanno dedicato molta attenzione. Si pensa che fattori individuali possano concorrere all’aumento dei pensieri intrusivi indesiderati, quindi allo sviluppo di ossessioni e compulsioni: lo stress e l’umore disforico (uno stato misto di rabbia e tristezza), l’alta sensibilità alla minaccia o al pericolo, l’alta frequenza di emozioni negative, la coscienziosità, l’elevato senso di responsabilità, la rigidità morale e la timidezza.

Conseguenze del disturbo ossessivo compulsivo

Chi soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo è spesso così spaventato e stremato che cerca di evitare tutta una serie di situazioni, poiché teme che possano innescare questo tipo di pensieri. Nei casi più gravi, le persone non riescono più a svolgere un’attività lavorativa o la realizzano in modo discontinuo o in mansioni a bassa responsabilità. Questo disturbo può avere ripercussioni sulla qualità e la durata delle relazioni di amicizia ed affettive, tende alla cronicizzazione e se non è trattato in modo adeguato può influire pesantemente su tutto l’arco della vita.

Differenti tipi di trattamento

In base a studi scientifici i trattamenti che sono risultati efficaci sono il trattamento farmacologico e la psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Il trattamento farmacologico: molte ricerche documentano l’effetto dei farmaci antidepressivi e sottolineano la sostanziale equivalenza terapeutica della clomipramina e degli SSRI nel trattamento del DOC, sebbene la pratica clinica mostri la superiorità della clomipramina, soprattutto se somministrata per via endovenosa.

Circa il 30-40% delle persone non risponde positivamente a questo tipo di trattamento. In particolare sono poche le persone che riescono a non avere più sintomi con il solo trattamento farmacologico. Numerose strategie farmacologiche, basate sull’utilizzo di basse dosi di neurolettici o la combinazione di due farmaci ad azione serotoninergica mirano a potenziare l’efficacia della terapia con i soli antidepressivi.

Invece le benzodiazepine (i cosiddetti tranquillanti) danno una momentanea attenuazione dell’ansia, ma creano assuefazione e dipendenza. In conclusione, i farmaci da soli possono risultare non del tutto efficaci e, anche nel migliore dei casi, presentano un forte rischio di ricaduta.

Il trattamento cognitivo-comportamentale: la psicoterapia cognitivo-comportamentale costituisce il trattamento psicoterapeutico più indicato. La storia di apprendimento del disturbo sarà raccolta in diverse fasi del trattamento per favorire la comprensione della propria sofferenza. Le tecniche cognitive servono per stimolare il riconoscimento e la regolazione dei meccanismi mentali alla base del disturbo, tra cui i tentativi di controllo del pensiero, l’incapacità di tollerare il rischio, il timore di essere responsabili o colpevoli di eventuali catastrofi.

L’obiettivo è imparare a dare il giusto peso ai pensieri negativi, ad accettare le sensazioni generate dall’ansia e a impegnarsi a non mettere in atto gli evitamenti e i rituali.

La tecnica più indicata è l’esposizione con prevenzione della risposta (o exposure and response-prevention – E/RP), che costituisce la parte comportamentale del trattamento: esporre gradatamente il paziente al pensiero, immagine o evento temuto e fare in modo che resista all’impulso di compiere il cerimoniale.

La procedura E/RP è accompagnata dall’utilizzo del modeling: il terapeuta mostra alla persona il comportamento da eseguire e non forzerà nessun esercizio che non sia stato prima concordato. Il soggetto si renderà conto che l’ansia si placa senza eseguire i rituali, solo più lentamente.

I comportamenti di neutralizzazione sono il risultato di una storia di apprendimento sfortunata e si possono disimparare e sostituire con altri comportamenti. La prima regola del trattamento è quindi quella di “evitare di evitare”, questo principio è alla base degli esercizi di esposizione graduata e di prevenzione della risposta. Sarà necessario, inoltre, interrompere gradualmente qualunque forma di richiesta di rassicurazione imparando a gestire la momentanea ansia associata ai pensieri ossessivi.

Quando né la terapia cognitivo-comportamentale né il trattamento farmacologico hanno dato risultati soddisfacenti, si dice che la persona presenta un disturbo ossessivo-compulsivo resistente al trattamento; in questi casi può essere utile un ricovero in strutture specializzate. Un trattamento ben organizzato in regime di ricovero deve presentare le seguenti caratteristiche: trattamento farmacologico intensivo secondo i più recenti protocolli d’intervento sul DOC resistente; sedute intensive di psicoterapia cognitivo-comportamentale (almeno due a settimana); quotidiano intervento di esposizione e prevenzione della risposta; intervento educativo sui familiari del paziente; intervento di prevenzione della ricaduta; incontri periodici di controllo dopo la dimissione.

Il ricovero può essere consigliabile anche per chi presenta dei sintomi così gravi da impedire lo svolgimento delle normali attività di vita quotidiana, per chi è a rischio di suicidio, per chi ha scatti aggressivi quando si interviene per fargli interrompere dei rituali, per chi ha situazioni familiari complesse o per chi ha un così forte timore di danneggiare gli altri che accetta cure solo se si sente rassicurato dalla presenza dei clinici.

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